Anatomia del bestseller di Stefano Calabrese (Laterza, pp.182, euro 16) ci porta nella fabbrica dei bestseller globali, quei Libri ad Alta Leggibilità che hanno venduto nel mondo oltre 10 milioni di copie.
La prima caratteristica dei bestseller globali è che i suoi “principali format estetici sono di fatto dei memi che agiscono come replicatori ed evolvono per adattarsi meglio a nuovi habitat.
Inoltre “l’autore scompare lasciando il posto al brand name, uno strumento infallibile per la promozione”. Non a caso quando J.K. Rowling pubblicò, nel 2012, Il seggio vacante sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith, non ottenne grandi riscontri di vendita, cosa che si verificò invece quando l’anno dopo fu svelata la vera identità dell’autore.
Non rutti i bestseller globali, i Libri ad Alta Leggibilità sono spazzatura o prodotti del marketing. Esistono anche i bestseller smart, come nel caso di Haruki Murakami, “uno dei pochi scrittori considerati a Denominazione di Origine Contollata che abbia avuto almeno un successo mondiale”, un autore di “grande precisione e chirurgica referenzialità”.
Una categoria, quegli scrittori DOC, in cui potremmo far rientrare anche Stieg Larsson e la sua Trilogia di Millennium – per essa bisognerebbe coniare l’etichetta di romanzo/bestseller politcamente corretto. Una trilogia di corposi volumi quasi irritante nel suo manicheismo e nel suo costante ricorso agli stereotipi.
Tuttavia l’emblema del produttore di bestseller globali, capace di sfornarne con industriale precisione è sicuramente Dan Brown e il suo transromanzo “una mescolanza dei contrari che lo predispone a piacere a tutti, in tutto il mondo e a ogni generazione, bambini, adulti, young adult”. Romanzi new global, i suoi, in cui non vi è “natura, tutta cultura (…) una cultura mcdonaldizzata, offerta a un palato globale”.
Il bestseller globale non punta, assieme al suo lettore, alla trascendemza, ma all’immanenza: la si raggiunge “scendendo in uno spazio-tempo promiscuo, ma senza localismi”.

